Guerbois
Il Cafè Guerbois si trovava nell'attuale Avenue de Clichy 9 (già grande-rue des Batignolles 11); la città di Parigi ha apposto un pannello a memoria del luogo che vediamo nelle illustrazioni a fianco.
Manet aveva scoperto il Guerbois verso il 1863. Situato in grande-rue des Batignolles numero 11 (oggi avenue de Clichy, 9), il caffè era accanto al negozio Hennequin, dove Manet andava a comperare i colori. Uomo di caffè, aveva preso l'abitudine di sostarvi; poi, trovando il posto piacevole, di andarvi quasi tutte le sere dopo il lavoro.
Il Guerbois era un locale di periferia, con giardino e pergolato, destinato ai pranzi di nozze, ai banchetti e ai giocatori di biliardo. Non aveva niente dell'eleganza di Tortoni o del Café de Bade, ma era comodo, perché Manet e i suoi amici abitavano quasi tutti nel quartiere Batignolles. Lì, essi potevano anche trovare delle modelle tra le ragazze della zona, creature facili ma poco venali, come sarebbe stata poi Suzanne Valadon.
Émile Zola ne L'Oeuvre ha descritto il Guerbois sotto il nome di Café Baudequin, ma la raffigurazione più esatta è stata fatta senza dubbio da Duranty in una novella fino a oggi inedita, La double vie de Louis Seguin, scoperta da Mario Petrone nella biblioteca Lovenjoul, a Chantilly: "Vergogna a coloro che dicono male dei caffè: il caffè Barbois [evidentemente il Guerbois] è davvero curioso e gradevole, ed è sempre stato frequentato da personaggi singolari e interessanti.
"Ha un carattere misto. Sorto in quella che un tempo era piena periferia, ha conservato in parte la sua vecchia aria provinciale: un aspetto antiquato, un arredamento impero. Ma ha preso anche, in un certo senso, un tono parigino. Quindi la prima sala, bianca e dorata, coperta di specchi e piena di luce, assomiglia alla terrazza dei caffè dei boulevard. Ma non appena si entra nella seconda sala il posto si fa stupefacente. Ci si trova in una vasta cripta dal soffitto basso, o che appare tale per l'ampiezza del locale. All'ingresso sei colonne massicce formano come un viale, dividendola in due specie di strette cappelle, dietro le quali si sente venire, dal fondo, una sorta di coro: la zona dei biliardi. Sul soffitto si aprono vetrate irregolari, ora grandi ora anguste come lucernari, che mandano luci variabili, e creano dovunque recessi misteriosamente illuminati e ombre lunghe e fitte attraversate da bagliori di luce, che si posano sul centro di una colonna, su un angolo di tavola e su un sedile rosso, sul cranio calvo e lucido di un giocatore di picchetto, o sul grembiule bianco di un cameriere. Fino a metà altezza, le pareti sono di un colore bruno; il resto è ricoperto da una tappezzeria di carta, a imitazione di grandi pannelli di tinta chiara. Qui non ci sono né specchi né dorature. Cinque biliardi, pesanti fonti battesimali di questo tempio, sfoggiano in finta prospettiva i loro tappeti verdi, smorzati dalla luce. In fondo, una grande vetrata prende tutta la lunghezza della sala e lascia vedere in piena luce un giardino con qualche albero giovane, tra cui appare una casetta con loggiato e colonnine dipinte di un verde tenero, che sorge fresca, viva e intensa dietro la penombra radente e misteriosa dell'interno del caffè. È una scena olandese singolare, molto lontana da Parigi".
Le riunioni del giovedì
Manet e i suoi amici non frequentavano quest'ultima sala. Due tavoli erano loro riservati nella prima sala, vicino all'entrata. Là, ogni giovedì, s'ìncontravano prima di cena. Furono queste riunioni di artisti a far nascere quella che è stata chiamata la scuola di Batignolles. In realtà, non c'era nessuna scuola; si trattava di semplici raduni amichevoli, spesso animati e qualche volta anche tempestosi.
Cézanne compariva raramente in questo cenacolo, e soltanto per portarvi una deliberata provocazione. Gli piaceva presentarsi in abito da lavoro, tutto maculato di tracce di pennello. Anche Monet e Pissarro, spesso trattenuti in periferia, lo frequentavano poco; ma Renoir, Sisley e Degas andavano a tutte le riunioni, e spesso si recavano nel caffè anche durante gli altri giorni. E non erano i soli frequentatori del Guerbois, perché la presenza di Manet aveva attirato scrittori, poeti, critici, e vari personaggi pittoreschi che vivevano ai margini dell'arte. Tra questi un amico di Monet, Félix Tournachon, soprannominato Nadar, pittore, giornalista, caricaturista, astronauta e fotografo, che Jules Verne avrebbe preso come modello di Ardan, l'eroe di Dalla terra alla luna: un personaggio effervescente, che si vantava di avere tutte le viscere doppie. Degas gli avrebbe lanciato una delle sue frecciate più pungenti: "Ma va' là! Falso pittore, falso artista! Fotografo!".
Come Courbet aveva tenuto banco alla sua Brasserie (des Martyrs), così Manet divenne il centro di un gruppo di ammiratori ed amici:
Astruc, Duranty, Silvestre, Duret, Guillemet Bracquemond, Bazille (accompagnato dal comandandante Lejosne), erano quasi quotidianamente ospiti del cafè; Fantin, Degas e Renoir ci venivano sovente; Alfred Stevens, Zola, Edmond Maitre, Constantin Guys facevano comparse occasionali, e Cezanne, Sisley, Monet e Pissarro ci capitavano quando venivano a Parigi. A volte comparve anche Nadar, notissima figura parigina dai molti talenti.